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Mondo in fiamme
UMANITA’ DISOBBEDIENTE! ... Questo non è il mondo che Dio ci ha affidato …
art- anno 2017
Leggiamo la Bibbia, rendiamoci conto del grande dono che Dio ci ha fatto … poi guardiamoci intorno … cosa lo stiamo facendo diventare … poi ognuno commenti nel suo animo…
1 Nel principio Iddio creò i cieli e la terra. 2 E la terra era informe e vuota, e le tenebre coprivano la faccia dell’abisso, e lo spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. E Dio disse: 3 "Sia la luce!" E la luce fu. 4 E Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. 5 E Dio chiamò la luce "giorno", e le tenebre "notte". Così fu sera, poi fu mattina: e fu il primo giorno. 6 Poi Dio disse: "Ci sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque". 7 E Dio fece la distesa e separò le acque ch’erano sotto la distesa, dalle acque ch’erano sopra la distesa. E così fu. 8 E Dio chiamò la distesa "cielo". Così fu sera, poi fu mattina: e fu il secondo giorno. 9Poi Dio disse: "Le acque che son sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo, e apparisca l’asciutto". E così fu. 10 E Dio chiamò l’asciutto "terra", e chiamò la raccolta delle acque "mari". E Dio vide che questo era buono.11 Poi Dio disse: "Produca la terra della verdura, dell’erbe che faccian seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra". E così fu. 12 E la terra produsse della verdura, dell’erbe che facevan seme secondo la loro specie, e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza, secondo la loro specie. E Dio vide che questo era buono. 13 Così fu sera, poi fu mattina: e fu il terzo giorno. 14 Poi Dio disse: "Sianvi de’ luminari nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; e siano dei segni e per le stagioni e per i giorni e per gli anni; 15 e servano da luminari nella distesa dei cieli per dar luce alla terra". E così fu. 16 E Dio fece i due grandi luminari: il luminare maggiore, per presiedere al giorno, e il luminare minore per presiedere alla notte; e fece pure le stelle. 17 E Dio li mise nella distesa dei cieli per dar luce alla terra, 18 per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che questo era buono. 19Così fu sera, poi fu mattina: e fu il quarto giorno. 20 Poi Dio disse: "Producano le acque in abbondanza animali viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l’ampia distesa del cielo". 21 E Dio creò i grandi animali acquatici e tutti gli esseri viventi che si muovono, i quali le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie, ed ogni volatilo secondo la sua specie. E Dio vide che questo era buono. 22E Dio li benedisse, dicendo: "Crescete, moltiplicate, ed empite le acque dei mari, e moltiplichino gli uccelli sulla terra". 23 Così fu sera, poi fu mattina: e fu il quinto giorno. 24 Poi Dio disse: "Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la loro specie". E così fu. 25 E Dio fece gli animali selvatici della terra, secondo le loro specie, il bestiame secondo le sue specie, e tutti i rettili della terra, secondo le loro specie. E Dio vide che questo era buono. 26 Poi Dio disse: "Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia dominio sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sul bestiame e su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". 27 E Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina.28 E Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Crescete e moltiplicate e riempite la terra, e rendetevela soggetta, e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra". 29 E Dio disse: "Ecco, io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, ed ogni albero fruttifero che fa seme; questo vi servirà di nutrimento.30 E ad ogni animale della terra e ad ogni uccello dei cieli e a tutto ciò che si muove sulla terra ed ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento". E così fu. 31 E Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Così fu sera, poi fu mattina: e fu il sesto giorno.
DONNA … sempre piu’ vittime di violenze …
basta!
art anno 2017 di G. Riccardi
Non intavoliamo una discussione di “GENERE”, anche se questa società vuole abolire questa differenza, cosa brevemente già affrontata nel numero 2/2017.
Genesi 1 v.27
Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
Senza se e senza ma … maschio e femmina li creò.
In questo scritto non vi è alcun indicatore di supremazia dell’uno verso l’altro, allora perché il maschio “uomo”, si sente superiore alla femmina “donna”?
Una prima domanda da porsi è: Eva nacque da una costola?
Per secoli è stato accettata l’idea che la Bibbia pone su due livelli diversi ADAMO ( maschio) e EVA (femmina),.
Nel vecchio testamento i protagonisti delle sue storie sono quasi tutti maschi, che vivono in un mondo di maschi, seguendo regole di maschi, non c’è molto spazio per le donne.
Anche nel Nuovo Testamento gli apostoli sono maschi, come la maggior parte dei personaggi che circondano Gesù: di particolare spessore solo Maria e le donne al seguito di Cristo.
In generale, quindi, il genere femminile è relegato ai margini delle vicende.
Volendo dare, se pur brevemente una risposta alla domanda iniziale, possiamo dire che fondamentalmente, l’idea di maschilismo fonda le sue radici nel libro della Genesi e proprio nel momento della creazione (parliamo di creazione e non nascita in quanto prima non c’era e Dio la creo’). Secondo la narrazione biblica, Dio prese una costola ad Adamo quando si rese conto che questi si sentiva solo e con tale costola creò la prima donna, Eva. Si legge infatti in Genesi 2, 18-25:
[18] Poi il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”.
[19] Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.
[20] Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile.
[21] Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto.
[22] Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.
[23] Allora l’uomo disse: “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa, perché dall’uomo è stata tolta”.
[24] Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne.
[25] Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna.
Il maschilismo porta a considerare la donna inferiore all’uomo poiché nata da una sua costola, quindi, creata allo scopo di fargli compagnia. Tale condizione secondaria è amplificata in quanto la donna, ritenuta debole, cade nel tranello del demonio macchiandosi del peccato originale, quindi causa della cacciata dall’Eden.
In fondo, la costola veniva considerata un’umile appendice ossea destinata a un ruolo subalterno: da qui la concezione secondario del ruolo della donna.
“La costola”, una parte del corpo non importante, non utile, come tale è considerata la donna, ma gli antichi che padronanza linguistica avevano? Quanto era ampio il loro vocabolario? Soprattutto nella lingua ebraica antica, si usava la stessa parola per esprimeva concetti simili, come ad esempio: La parola usata per ‘costola’ in ebraico è tselah, che scritta e pronunciata allo stesso modo vuol dire anche ‘fianco’, ‘lato’, ‘metà’.
Nella Bibbia tselah è usata per ben 49 volte, è sta ad indicare la “metà” di qualcosa, ma solo in questi passi viene tradotta come “costola”. Ora, se alla parola tselah gli diamo il significato di “metà”, possiamo leggere il brano in un senso molto vicino al concetto di uguaglianza uomo-donna, quindi, possiamo leggere: “Dio prese la metà dell’uomo e con questa fece la donna”, dando così un concetto paritario dei due sessi.
Purtroppo, anche se leggiamo il passo con questo significato, concettualmente, il maschio, il maschilismo, tende a mantenere ancora una supremazia sulla donna in quanto creato per primo, mentre la donna, se pur ritenuta la metà, è creata dopo.
Lasciamo per un momento le sacre scritture.
Il concetto del prima e dopo, portando la donna ad un livello inferiore rispetto all’uomo, sono stati anche alcuni dei principi filosofici antichi, ad esempio, Pitagora, nella sua dottrina filosofica. Egli infatti fa distinzione tra un principio ‘buono’ (l’Uno, il principio limitante) e un principio ‘cattivo’ (la Diade, il principio di illimitazione), e si spiega che dal primo derivano i numeri dispari e dal secondo i numeri pari. La rappresentazione geometrica di punti “pari”, per Pitagora, rappresenta l’illimitazione, quindi l’imperfezione in quanto lascia passare qualcosa che li attraversa, mentre la stessa rappresentazione geometrica per i numeri dispari, rappresenta la limitazione, e poiché ciò che è limitato è “compiuto”, per Pitagora è perfetto e ciò è rispecchiato nei numeri dispari, quindi, poiché i numeri rappresentano il mondo, e poiché essi si dividono in pari e impari, questa opposizione tra i numeri, si riflette in tutte le cose.
Le coppie di opposti, conosciute come opposti pitagorici, sono 10:
- bene e male
- limite ed illimite
- dispari e pari
- rettangolo e quadrangolo
- retta e curva
- luce e tenebre
- maschio e femmina
- uno e molteplice
- movimento e stasi
- destra e sinistra
Al nr 7 troviamo proprio maschio e femmina, maschio associato al bene, femmina associato al male. Questo principio decadde quando si concepì il concetto di numeri razionali e irrazionali, come la radice di due, e quindi il noto “teorema di Pitagora”, fece crollare l’aritmogeometria e tutti i suoi principi, ma non decadde il principio di supremazia del maschio sulla femmina, quindi il danno fu irrimediabile.
Partendo da principi e concetti stravolti o mali interpretati, si è sempre relegato la donna ad un livello inferiore all’uomo, soprattutto in società prevalentemente agricole, mentre si ha una valutazione della donna in società ove, ad esempio, l’attività primaria era la pesca, dove la donna assumeva un ruolo primario nella famiglia, poiché l’uomo mancava per lunghi periodi, infatti in molte società nordiche, la donna ha una ruolo più importante ed è considerata alla pari, se confrontate con alcune del sud del mondo.
Il maschio, nei secoli, servendosi di insani concetti e principi filosofici, ha sempre soggiogato e sottoposta a lui la femmina.
La donna per alcuni è meramente un oggetto da manipolare, da trattare come si vuole, da annullare nella propria dignità rendendola schiava e serva, in molti villaggi ( e non parliamo di secoli fa), era una maledizione avere una figlia femmina, la donna non deve provare piacere, ma deve sottostare per al piacere del maschio, la donna è un oggetto di scambio, ceduta come schiava in cambio di danaro e annullamento di debiti ( soprattutto in alcuni villaggi della lontana Cina). E nelle nostre società cosiddette civilizzate, il concetto non cambia.
Famiglie con padri padroni, mariti violenti e violentatori.
FEMMINICIDI …
L’uomo non si rassegna quando viene lasciato da “una cosa che gli appartiene, che è sua, una cosa per la quale solo lui puoi decidere cosa fare”. Quando è rifiutato, quando e contestato, allora decide che la “COSA” non serve più, essa va eliminata, l’orgoglio maschile prende il sopravvento.
NO … non è questo che ci insegna la Bibbia, non è questo che un mondo civilmente avanzato deve fare…ci definiamo cristiani, socialmente avanzati, proferiamo parole di eguaglianza dell’uno verso l’altro, ma portiamo in noi, come un marchio indelebile nel DNA, la mascolinità, il senso di supremazia.
Molti maschi, che vivono disagi sociali, vivono sottomessi psicologicamente ad altri del branco e sfogano questa loro debolezza sulla donna, sulle mogli, sulle figlie, vigliaccamente.
Molte chiese, di qualunque fede religiosa, hanno spazi destinati alle donne, distinguendoli da quelli per gli uomini.
Questa società maschilista, ha il concetto che il maschio è di per se perfetto ma la femminina lo conduce all’errore, lo conduce verso l’imperfezione, spesso si attribuisce alla donna la responsabilità di atti peccaminosi, costringendola a vestire in certi modi, tanto da evitare tentazioni per i maschi, annullando la sua dignità, questo concetto è fortemente presente nel mondo islamico.
Una volta, in un discorso posi una domanda: “CHI DICE CHE DIO E’ MASCHIO?”, concentrando l’attenzione sul fatto che una società maschilista, attribuisce il proprio sesso a colui che è l’Onnipotente, solo per sentirsi esso stesso onnipotente e usare questo principio per sottomettere a se l’altro sesso. Allora formulai un pensiero, DIO è la perfezione, l’umanità ( intesa come uomo e donna), per essere perfetta e rispecchiare la perfezione della creazione, devono essere tutt’uno in una armonia globale della natura, l’uomo senza donna e la donna senza l’uomo, non ubbidiscono a Dio, ma insieme completano la sinfonia armonica di tutto il creato. Non c’è un prima e un dopo, un pari o un dispari, ma l’uno è l’esatta metà dell’altro.
Non c’è supremazia se non quella di Dio, non c’è sottomissione se non a Dio, non c’è futuro se non la volontà di Dio.
IUS SOLI
di Giuseppe Verrillo
Concedere o meno la cittadinanza italiana ai bambini figli di genitori stranieri ma nati in Italia.
Detto così , in maniera piuttosto ermetica , sembra facile definire lo “ ius soli “ ( espressione latina : diritto del territorio ).
Purtroppo la realtà è ben diversa , su questo argomento , a iniziare dalla politica , si stanno spendendo fiumi di parole , dette o scritte che siano. Perché per noi italiani argomenti di grande importanza , su cui occorre riflettere con serenità e convergenza
trasversale di vedute , finiscono sempre nel “ tritacarne mediatico “ e nella sterile polemica.
La legge che il nostro governo propone ai fini del riconoscimento dello ius soli non è assolutamente una legge che possiamo definire “ permissiva” , così come molti critici di diverse fazioni la vogliono intendere. Essa concederebbe lo ius soli e la conseguente cittadinanza italiana , solo a quei bambini figli di genitori stranieri regolarmente residenti in Italia da almeno 5 anni , oltre ad altre limitazioni ( frequenza scolastica regolare , posto di lavoro per uno genitori , etc …. ). I soggetti che soddisfano queste condizioni , ad una prima stima , non supererebbero le 800 mila unità.
Un numero certamente non catastrofico considerato anche il drastico calo demografico del nostro paese.
Ma purtroppo , come detto , argomenti così delicati che richiederebbero una soluzione in breve e sicuramente il contributo di orientamenti socio - culturali trasversali , ( non è possibile , infatti , escludere dal dibattito figure del mondo didattico, psicologico , sociologico , imprenditoriale …, etc ) , si riducono ad argomentazioni sterili.
Di sicuro la polemica diventa sterile e strumentale quando , secondo alcuni , l’argomento dello ius soli va inserito nel molto più ampio e delicato dibattito sulla “ immigrazione “.
Non esiste nessun rapporto diretto tra ius soli e immigrazione , semplicemente perché il primo si propone a valle di un momento migratorio già verificatosi e consolidato sul nostro territorio .
La polemica mal cela una miopia dai risvolti razziali , di sicuro povera di proposte alternative . Che senso ha , in un mondo così fortemente globalizzato , riflettere ancora sui termini di categorie quali : difesa della razza , conservazione del proprio
patrimonio culturale autoctono , la sicurezza dei propri confini …..
Su quali “ confini “ , oggi , vogliamo costruire ancora i nostri muri ? Veramente crediamo , in maniera medioevale , che reggerebbero a lungo alla immane pressione dei flussi migratori ?
Forse proprio una intelligente legge sullo ius soli , potrebbe rappresentare il primo piccolo passo ai fini della risoluzione del problema delle “immigrazioni “.
Oggi la cultura di un popolo non si misura sul “ proprio codice genetico primordiale “ , anche perché questo riserverebbe grosse sorprese …..
La sua cultura deve essere il frutto di una intelligente integrazione razziale tesa alla inculturazione dei cittadini sul proprio suolo , nell’ottica di una globalizzazione che deve tendere alla realizzazione di una solida autonomia socio/economica di “ tutte “ le nazioni della terra.
Scusatemi se a Natale non ci sono stata……
art. anno 2019 di Giuseppe Riccardi
Il Natale della GRASSA SOCIETA’ è passato, ma Amal, questo Natale, semmai ne ha conosciuto uno, non c’era!
Viviamo in un mondo controverso, se nella società cosiddetta “moderna”, dei paesi occidentali, c’è il problema dell’ ”obesità infantile”, in un’altra parte del mondo, una bimba di solo 7 anni è morta letteralmente “di fame”.
La stampa e i media mondiali riportano la notizia, il 2 novembre 2018, “ Eʼ morta di fame Amal: la bimba di 7 anni diventata simbolo della guerra in Yemen”, “Amal è morta di fame a soli 7 anni”, “Amal è morta a sette anni. Di fame”.
Non sciocchiamoci ma meditiamo, Amal è la bimba nella foto (quando era tra noi).
Questa foto ha fatto il giro del mondo, provocando reazioni sdegnate e offerte di aiuto ma non l’ha salvata da una vita irreversibilmente segnata da denutrizione e sofferenza.
La foto è stata scattata dal premio Pulitzer Tyler Hicks, era stata pubblicata sul "New York Times".
Era ancora in vita Amal ma poi è deceduta nel campo profughi dove era costretta a vivere.
In molti hanno risposto in modo umanitario chiedendo cosa si poteva fare …
Amal sta diventando il simbolo della sofferenza di milioni di bambini yemeniti.
Minori denutriti, decimati dal colera e da altre malattie facilmente curabili, falcidiati dai continui bombardamenti dei raid aerei della coalizione guidata dall'Arabia Saudita e dai suoi alleati.
In Yemen, dove il conflitto si trascina dal marzo del 2015, sono milioni i piccoli che rischiano la stessa tragica fine.
Una istantanea che fa malissimo, una speranza di vita che si presenta al mondo con lo sguardo perso, osse coperte solo da pelle, insetti che si posano sul suo piccolo corpicino ormai incapace di reagire.
Ecco l’immagine del dramma che ogni giorno vivono oltre 400mila bambini che soffrono di malnutrizione acuta e oltre 11 milioni di bimbi che hanno bisogno di “assistenza immediata”, queste sono le notizie che fornisce l’ UNICEF.
Questi bambini muoiono per una guerra di cui non sanno nemmeno il significato, quella dello Yemen e solo una delle tante, se si pensa a quella Siriana e quelle che si combattono in ogni angolo del globo.
Ma quale albero, quale presepio quali luci!
Mettiamo al centro del nostro vivere quotidiano quest’immagine di Amal, che non c’è più. E’ inutile cospargersi il capo di cenere, battersi il petto … per poi rimpizzarsi di ogni cosa … chiudendo gli occhi e il cuore difronte a questi fatti.
Siamo pieni dell’egoismo umano, grassi della sua dolce indifferenza.
Sono molti anni che è in atto la guerra tra Arabia Saudita e Yemen eppure non se ne sente parlare, a chi fa comodo che nulla si sappia?
E’ una guerra civile, ma in gioco ci sono interessi diretti ed indiretti, come diretta è la partecipazione dell’Arabia Saudita, e celati sono gli interessi dell’Iran. Un conflitto che è in atto già dal 2015.
Il territorio Yemenita, più che mai diviso, vede anche zone controllate dall’ISIS e Al-Qa’ida, ed è qui che si combatte una guerra molto simile a quella siriana.
I paesi ricchi combattono la loro guerra su territori messi sotto sferza da bombardamenti e raid di ogni genere, da una parte paesi dell’etnia sunnita (appoggiati dall’Arabia Saudita), dall’altra gli sciiti (chiamati ribelli) vicini all’Iran. Questo stato di cose sta provocando sofferenze indicibili a coloro che la guerra se la sono vista calare dall’alto “la popolazione civile”!
Tutto è bloccato, non giunge più nulla, ne cibo ne medicinali, costringendo 7 milioni alla fame, e come se ciò non bastasse, come sempre accade in queste condizioni, vi è anche l’epidemia di colera che ne ha provocato la morte di oltre 2.000 persone.
Eppure l’Occidente e le Nazioni Unite tacciono di fronte a questa tragedia.
Ma perché?
Se nel 1990 le due fazioni yemenite, nord e sud, volevano essere un solo Stato con capitale San’a, cosa c’era di male nell’unione di un popolo di un paese?
Forse anche nei buoni intenti, si insidia l’animo discriminatorio tra Nord e Sud, l’unione nessuna la vuole, creando così il caos che vede ancora un paese diviso tra nord e sud, un nord Sciita e di conseguenza un sud Sunnita.
Ed ecco che la guerra non finisce mai, così la coalizione dei paesi Sunniti capeggiata dall’Arabia Saudita, inizia un bombardamento al nord del paese, siamo nel 2015.
Il mondo occidentale e le N.U., riconoscono solo il governo del Sud del paese (?).
Ma il nord resiste ed è appoggiato dall’Iran, che è storicamente il più grande stato Sciita. Un nord sfiancato da una sua conflittualità interna, ove il caos e il più assoluto e in tutto questo non vi è via d’uscita e ad aggravare la situazione ci sono i continui bombardamenti ad opera della coalizione araba sunnita.
Yemen, lo stato più povero del Medio Oriente, uno stato di morti, civili e militari, morti non solo a causa della guerra ma anche morti letteralmente di fame.
Ed è in questo scenario che viveva la piccola Amal, e come lei anche migliaia di altri bambini inermi.
Si concretizza un pensiero cattivissimo: il blocco voluto dall’Arabia Saudita, che non permette corridoi umanitari per portare cibo e medicinali (mai sanzionato per gli stessi bombardamenti), è utilizzato come arma, si uccide la popolazione per fame, la fame e la epidemie come armi d’assedio, un crimine di guerra abominevole!
Ancora una guerra tra potenze mondiali ( U.S.A., che vorrebbe indebolire l’Iran e la contrapposta Russia, alleata dello stesso Iran sciita).
Ma di tutto questo, che ne sapeva la piccola Amal, che ne sapevano tutti quei bambini che sono morti per una guerra non loro, che volevano solo vivere per giocare ed essere felici.
No quest’anno Amal e gli altri a Natale non c’erano!
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Il creato - il mondo della flora
Prefazione di G. Riccardi
Dal libro della Genesi cap. 1 vers. 9 e seg.:
9 Poi Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo e appaia l'asciutto». E così fu. 10 Dio chiamò l'asciutto «terra», e chiamò la raccolta delle acque «mari». Dio vide che questo era buono. 11 Poi Dio disse: «Produca la terra della vegetazione, delle erbe che facciano seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra». E così fu. 12 La terra produsse della vegetazione, delle erbe che facevano seme secondo la loro specie e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza, secondo la loro specie. Dio vide che questo era buono. 13 Fu sera, poi fu mattina: terzo giorno.
Nell’articolo che segue, il fratello Ferruccio Lobina, evidenzia il rapporto diretto tra l’uomo e il mondo vegetale. Nel libro della Genesi, nei versetti innanzi riportati, comprendiamo l’importanza della creazione del mondo vegetale, della flora.
Dio crea la donna e l’uomo nell’ultimo giorno e affidò ad essi l’intero creato terreno Ge. Cp 1 v. 28 e seg.: “28 Dio li benedisse; e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra». 29 Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero che fa seme; questo vi servirà di nutrimento. 30 A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento». E così fu.”, nel versetto 29 leggiamo proprio dell’importanza del mondo vegetale per l’uomo, perché da questo serve da nutrimento. In questo brano biblico, si legge una leggera differenza circa la nutrizione dell’uomo che deriva dalle piante mentre da il dominio sulla fauna, Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero che fa seme; questo vi servirà di nutrimento, e lo stesso alimento lo da agli animali ”A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento”. Quindi sia l’uomo che gli animali traggono alimento dal mondo della flora.
Nel creato che Dio ha affidato all’uomo tutto era in equilibrio, la purezza delle acque, dell’aria, il nascere, crescere e morire degli animali e delle piante, svolgevano un ruolo importante e l’uomo prendeva per se quello che era giusto per il suo nutrimento.
Oggi tutto è stravolto, prendiamo dalla natura più di quanto serve e spesso va perso, si privilegiano certe colture a favore di altre, portando all’estinzione intere foreste e piante, stessa cosa stiamo facendo nel mondo animale, intere specie animali sono estinte (soprattutto per la bramosia di uccidere e non per necessità).
L’invito a leggere quanto segue deve portare anche ad una riflessione su ciò che stiamo facendo (o non facendo) e cosa riserva il futuro per le prossime generazioni.
L'intelligenza delle piante
di Ferruccio Lobina
Parlare di piante intelligenti, nell’immediatezza, provoca quasi sempre un sorrisetto ironico: “perché la nostra cultura ha così poca considerazione del mondo vegetale”.
Il problema principale sta nella distanza che ci separa dalle piante.
Nonostante l’uomo, fin dalla sua comparsa sul Pianeta, abbia vissuto con le piante, anzi grazie a loro che è potuto sopravvivere anche in momenti di difficoltà, demarca una differenza vedendole come esseri così differenti dagli animali da essere quasi inconcepibili per noi.
Normalmente tendiamo a ritenere che le piante siano esseri passivi, senza alcun tipo di comportamento, eppure le piante si muovono moltissimo, ma con dei tempi diversi dai nostri.
Basta velocizzare le immagini di un filmato per vedere dei comportamenti sofisticati ed evoluti. Ma ha poi importanza la velocità? Un colibrì batte le ali ad una velocità irraggiungibile per un uomo: questo li rende più attivi di noi? L’uomo è più passivo di un piccione, perché si muove più lentamente? No, eppure questo pregiudizio è sempre presente quando si parla di piante.
Sarebbe ora di comprendere invece le loro straordinarie attività. le piante sono più sensibili degli animali ed il motivo è facile da intuire: il motivo principale sta nel fatto che le piante non possono spostarsi dal punto in cui sono nate, esse hanno un’unica possibilità di sopravvivere ai mutamenti dell’ambiente che li circonda, non potendo scappare (la fuga è la risposta classica degli animali, uomini compresi, ai cambiamenti) hanno l’unica chance di sentire con grande anticipo ciò che nell’ambiente accade.
Le piante hanno una grande sensibilità, una singola radice è in grado di sentire continuativamente almeno 20 differenti parametri chimici e fisici e di aggiustare il proprio comportamento di conseguenza.
La questione dell’intelligenza vegetale tuttavia risale addirittura all’antica Grecia per poi passare da Linneo e da Darwin .
Aristotele le aveva dotate di un anima vegetativa. La più scarsa fra le anime, ovvero, qualcosa che era legato soltanto al fatto che erano vive e potevano riprodursi. Al contrario Democrito le considerava esseri sofisticati e attivi, soltanto diversi dagli animali. Purtroppo per le piante la visione di Aristotele prese il sopravvento e per millenni rimase immutata. Fino a Charles Darwin che aveva per le piante un vero e proprio debole, nei suoi taccuini ritorna molte volte sulle loro nascoste capacità e in uno dei suoi ultimi libri “The power of movement in plants” scritto in collaborazione con suo figlio Francis, che diventerà poi professore di fisiologia delle piante a Cambridge, molto chiaramente dice che l’apice radicale (ossia la punta della radice) può essere considerato come un analogo del cervello di un animale inferiore. Francis portò avanti questa visione delle piante e in una sua memorabile conferenza agli inizi del secolo scorso che suscitò molto scalpore, direttamente sostenne “l’intelligenza delle piante”.
Oggi la neurobiologia vegetale si occupa di studiare le piante come esseri dotati di cognizione e di comportamenti – una specie di etologia vegetale – e per fare questo adopera gli strumenti e le tecniche che tipicamente sono utilizzati per studiare le stesse cose negli animali. Ma perché parlare di neurobiologia vegetale se le piante non hanno neuroni. È vero, non li hanno, ma non ne hanno bisogno!
Le piante normalmente non hanno organi specifici all’interno dei quali sono concentrate delle funzioni. In altre parole, le piante respirano ma non hanno polmoni, si nutrono ma non hanno bocca, vedono senza occhi e, ovviamente, ragionano senza cervello. Ed il motivo di questo è banale: le piante si sono evolute per sopravvivere alla predazione, la presenza di organi singoli le avrebbe rese incredibilmente delicate. Immaginate un qualunque erbivoro che mangia i polmoni di una pianta, sarebbero state estremamente fragili, un po’come noi animali: se ci si rompe un organo è un problema. Mentre le piante avendo distribuito le loro funzioni sull’intero loro corpo sono straordinariamente più robuste di noi.
Ma davvero le piante possiedono tutti e cinque i sensi e sono perfettamente in grado di comunicare tra di loro? Le piante sono esseri sofisticati, intelligenti, con comportamenti evoluti ed una vita sociale complessa. Sono diversi dagli animali ma non inferiori.
La vita sulla Terra dipende da loro!
Le piante potrebbero benissimo vivere senza di noi mentre invece senza di loro il genere umano si estinguerebbe in breve tempo . Dopo più di un secolo dall’intuizione di Darwin, è ormai un dato certo che le piante superiori non solo sono capaci di ricevere segnali dall’ambiente circostante, ma possiedono anche meccanismi per la loro rapida trasmissione. Sempre a livello degli apici radicali, le cellule vegetali sono capaci di generare segnali elettrici per comunicare a livello locale o globale e infine sviluppano vere e proprie sinapsi, specializzate per il trasferimento di informazioni sia chimiche che elettriche fra cellule adiacenti.
Grazie a questi segnali le piante sono capaci sia di percezioni sensoriali che di integrare percezioni multiple in azioni di adattamento. In pratica, le piante agirebbero con lo stesso sistema “prova-errore” degli animali: davanti ad un problema procedono per tentativi fino a trovare una soluzione ottimale che è memorizzata e ripescata quando si presenta una situazione simile.
Se, per esempio, manca l’acqua, le piante aumentano lo spessore dell'epidermide (corteccia) e ne chiudono le aperture (gli stomi), evitando la traspirazione. Riducono poi il numero di foglie e aumentano quello delle radici per la ricerca di acqua ma anche di ossigeno e nutrienti minerali. Inoltre sembra che le piante siano in grado di valutare le comunicazioni chimiche che si scambiano non solo attraverso la terra ma anche l’aria, quindi tutti i messaggi sullo stato di salute o la presenza di parassiti. Ad esempio, piante attaccate da insetti erbivori o patogeni emettono sostanze per segnalare il pericolo a piante vicine della stessa specie, invitandole a mettere in atto meccanismi difensivi per proteggersi dai nemici.
Le piante, dunque, non obbediscono a stimoli puramente meccanici, ma seguono complesse e articolate regole di comportamento: non solo comunicano, ma combattono e stringono alleanze. Le piante possiedono una forte territorialità poiché la terra è fondamentale per la loro vita: non tollerano invadenze del loro spazio e per difendersi attuano strategie aggressive quali il rilascio di molecole chimiche che, in casi estremi, hanno natura velenosa.
La neurobiologia vegetale si può prestare persino ad applicazioni nella robotica. Il LINV ha elaborato, assieme all'Agenzia spaziale europea, un progetto per la creazione di "plantoidi", veri e propri ibridi vegetali e meccanici per gli scavi e l’esplorazione del sottosuolo attraverso delle radici “intelligenti”, capaci di rilevare diversi parametri.
Le piante sono esseri viventi complessi, capaci di sentire, difendersi, comunicare, memorizzare, apprendere, avere una vita sociale, ma secondo una via loro propria, differente da quella animale. Hanno un'organizzazione, un funzionamento e comportamenti così diversi da quelli degli animali che ci è, quasi, difficile percepirle come vive.
Sono differenti in tutto: il loro corpo è talmente alieno, che non sono neanche considerabili degli "individui", nel senso etimologico di "non divisibili", perché al contrario degli animali, possono essere tranquillamente divise. Le piante sono radicate al suolo, gli animali sono mobili; le piante sono lente, gli animali sono veloci; le piante fissano l'energia del sole che gli animali consumano. Piante e animali sono il bianco e il nero, lo yin e lo yang della vita, opposti in tutto tranne che in una cosa: nell'essere organismi intelligenti, capaci di perseguire i propri fini e di risolvere con successo i problemi dell'esistenza. Eppure guardando questo verde paesaggio, niente di tutto ciò si affaccia alla nostra mente. Abbiamo difficoltà a percepirle come esseri viventi, figuriamoci se riusciamo a immaginarcele mentre comunicano, si difendono, apprendono dagli errori o, fra vicini nei boschi, si scambiano materiali. Come mai le piante, nonostante qualunque cosa se ne possa sapere, rimangono per noi soltanto del "verde"?
La soluzione la trovarono nel 1998, due botanici americani, James Wandersee e Elizabeth Schussler, i quali dopo anni di ricerca sul campo e in archivio, si convinsero che negli uomini esistesse una reale " cecità alle piante". La chiamarono proprio così: plant blindness definendola come "l'incapacità di vedere o notare le piante nel proprio ambiente, che porta all'impossibilità di riconoscere l'importanza delle piante nella biosfera e negli affari umani".
La cecità alle piante racchiude, inoltre, "l'inabilità di apprezzare le caratteristiche biologiche ed estetiche uniche delle piante e la sbagliata, antropocentrica, classificazione delle piante come inferiori agli animali. Le cause sono molte. In parte dipende dalla nostra solida impostazione antropocentrica, che misura ogni creatura in funzione della sua somiglianza all'uomo. In parte riguarda l'ignoranza sulle piante che, ovviamente, ci rende impossibile comprendere ciò che non conosciamo. È, infine, legata ad una peculiarità del nostro cervello.
Nel 2006, ricercatori dell'università della Pennsylvania calcolarono per la prima volta la quantità esatta di dati trasmessa dalla retina umana al cervello ( circa 10 milioni di bit per secondo, se paragonata a una rete Ethernet può trasmettere informazioni tra i computer a velocità da 10 a 100 milioni di bit al secondo). Il problema nasce nell'elaborazione di questi impulsi. Il nostro cervello è in grado di estrarne soltanto 40 di bit da questi 10 milioni che arrivano per secondo; e di questi 40, soltanto 16 raggiungono la nostra attenzione consapevole. Una bella selezione - 16 su 10 milioni – governata dal nostro cervello che senza pietà elimina ogni informazione non rilevante, lasciando filtrare soltanto dati su movimenti, schemi, colori di oggetti conosciuti o che possono rappresentare una minaccia. Poiché le piante non si muovono, rimangono sempre sullo sfondo e non mangiano gli uomini, molto difficilmente ne ottengono l'attenzione.
CHI MI HA TOCCATO?
La donna dal flusso di sangue
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Questo evento, lo possiamo leggere nei vangeli sinottici di Matteo al capitolo 9 versetti 20 a 22; di Marco capitolo 5 dal versetto 25 a 34 e Luca cap. 8 versetto 43 a 48.
Matteo narra l’evento in modo molto sintetico, pur evidenziando la certezza della donna di essere guarita, ella serbava in se un pensiero, quello che di toccare almeno le vesti di Gesù: «Se riesco a toccare almeno la sua veste, sarò guarita». Matteo però non evidenzia la reazione di Gesù al tocco avuto dalla donna, ma ci dice che Gesù si voltò e la vide dicendogli: «Coraggio, figliola; la tua fede ti ha guarita».
Per Marco e Luca, l’evento è narrato quasi nello stesso modo ( sappiamo che molto probabilmente Luca scrive anche sulla conoscenza degli scritti di Marco, come del resto anche Matteo[1].), con la particolarità della reazione di Gesù, infatti egli dice: «Chi mi ha toccato le vesti?». E come se ci trovassimo su una metropolitana piena come una scatola di sardine e chiediamo: “chi mi tocca?”, creando certamente una sorta di ilarità nei presenti, e questa fu la reazione degli apostoli presenti, e cosa rispondono?: «Tu vedi come la folla ti si stringe attorno e dici: "Chi mi ha toccato?"». Ma Gesù percepisce un qualcosa che va oltre il semplice “tocco”, e si guarda intorno, fino a quando non vede colei che lo ha toccato ed è allora che la donna, presa da paura, ben sapendo quello che era avvenuto in lei, venne, gli si gettò ai piedi e gli disse tutta la verità e Gesù le disse: «Figliola, la tua fede ti ha salvata; va' in pace e sii guarita dal tuo male».
Ecco il fulcro: “la tua fede ti ha salvata”.
Tra tante persone, attraverso un semplice tocco delle sue vesti, Gesù percepisce, la convinzione, la fede e la certezza di essere guarita che la donna aveva nel commettere quel gesto.
Possiamo dire che, nel suo male e la volontà di guarire, quella donna ha avuto “costanza”, chissà da quanto tempo cercava di farlo, trovando poi il coraggio e la speranza per la guarigione, speranza che diventa fede nel momento in cui compie l’atto, ed à proprio la fede che la salva, così come poi gli dice Gesù, che sente proprio uscire la Sua spiritualità e andare verso qualcuno che ha avuto fede e certezza in Lui.
Quella donna soffriva da 12 anni, aveva speso tutto quanto in suo possesso per guarire, non riuscendovi, anzi peggiorando le sue condizioni.
L’uomo che si affida all’uomo, trovando poi la via giusta per le sue difficoltà, per la sua guarigione, la via del Cristo.
Certo per capire il dramma fisico, sociale, morale e interiore che quella donna, quella creatura di Dio, portava con se, non è facile. Noi oggi per un problema simile, giungiamo a guarigione in breve tempo, ma in quell’epoca no.
Ma qual era problema della donna?
In quella società, avere un flusso di sangue rendeva una donna impura tanto da tenerla lontana da ogni cosa, a volte costretta a dormire fuori dal contesto familiare e tra tante cose negate, vi era anche “l’avvicinarsi al tempio, dall’entrare e quindi non poteva andare ad adorare Dio. Non poteva stare insieme agli altri.
Quella donna aveva perso ogni speranza di guarigione se continuava a seguire ciò che gli uomini gli consigliavano come cura. Volendo usare una analogia con ciò che può accostarsi a quel male, rapportandoci con la donna, possiamo dire che questa malattia è un simbolo del problema che ognuno di noi ha con il peccato. Il nostro peccato ci rende impuri davanti a Dio. Quando viviamo nel peccato, siamo ostacolati dall'avere libero accesso a Dio, anzi, diventa un muro fra non riusciamo assolutamente a curare da soli. La malattia del nostro peccato ci porta ad avere tanti problemi. Crea conflitti e scontri con le persone intorno a noi. Crea la nostra colpa, fa sì che non possiamo avere la vera pace, diventa un ostacolo ad una vita benedetta da Dio. Umanamente parlando, questa donna era senza speranze. Ormai, lei se ne rendeva conto. Ogni peccatore è senza speranza, anche se spesso, quella nostra sorella però non perde le speranze, crede ancora che qualcosa provvederà per la sua cura. Per il peccato non esiste alcuna cura, ma prendendo coscienza della situazione in cui versiamo come peccatori, e prendendo come esempio ciò che quella donna serbava in se, ella convintamente pensò che l’unica cura per lei era quella di avvicinarsi a Gesù anche se solamente toccarlo, di nascosto, fugacemente, e infatti quella fede riposta anche nel semplice tocco di Gesù la salvò.
Qui, possiamo riconoscere la sua fede. Lei, avendo udito parlare di Gesù, era convinta che poteva essere guarita da Lui. Lei non andava da Gesù con una vaga speranza di guarigione. Lei ci andava convinta. “Se riesco a toccare almeno le sue vesti, sarò salva!”: questa era una forte fede in Gesù! Nonostante che avesse già visto che nessun medico era stato capace di guarirla, lei non aveva dubbi riguardo a Gesù. Quindi, questa donna andò da Gesù, pienamente convinta che Gesù fosse capace di guarirla.
Ma cosa era quello che Marco chiama “flusso di sangue”: era “L’emorroissa”,
Per la sua natura donata da Dio, la donna tende a sanguinare. Questa condizione fisica è propria della natura della donna, anzi se non fosse così non ci sarebbero state nuove vite, possiamo dire che la donna collabora con Dio nel creare nuova vita. Nella normalità il flusso si presenta dopo il periodo di fertilità della donna, in quanto la cellula uovo, se non fecondato, viene espulso dal corpo. Questa donna che tocca Gesù, ha sanguinato per dodici anni. È quasi impossibile immaginare il dolore e la tensione che ciò comporta. Certo la sofferenza fisica non era nulla a confronto del trauma sociale e religioso. Una donna che sanguinava era di per sé legalmente e socialmente immonda, nonché fonte di impurità per chiunque o qualunque cosa lei toccasse o la sfiorasse, per «sette giorni» o «per tutto il tempo del flusso» ( Levitico 15, 19-30). In alcune culture africane tradizionali, durante il periodo mestruale la donna era costretta a vivere in disparte, in un alloggio di fortuna all’esterno della casa; non poteva cucinare per la sua famiglia o stare con gli altri fino a quando il flusso non terminava. Il dolore era già abbastanza brutto, ma l’essere resa ogni mese una reietta sociale nella propria casa, famiglia e società, faceva sapere a tutti, compresi i figli, che stava mestruando, e sminuiva il suo valore umano. L’imbarazzo e il trauma psicologico causati da questa disumanizzazione sono difficili da immaginare. Oggi, alcuni sacerdoti vietano ancora alle donne di ricevere la comunione o di avvicinarsi all’altare nel periodo delle mestruazioni.
Per fortuna, diversamente dai lebbrosi, l’emorroissa ai tempi di Gesù non doveva suonare un campanello e gridare «immondo! Immondo!» ( Levitico 13, 45) per avvertire gli altri di non avvicinarsi a lei. Gli israeliti consideravano il sangue come il principio della vita, ed è per questo che era proibito mangiare carne «che contenga sangue» ( Levitico 19, 26). La storia dell’emorroissa è quella di una donna che ha rifiutato di restare inerte, rassegnarsi al destino e lasciarsi morire dissanguata. Marco la descrive come avente un «flusso di sangue» ( en rýsai háimatos) e il flusso stesso come un «pozzo di sangue» ( pegè tou háimatos). Com’è possibile che abbia ininterrottamente perso sangue così a lungo senza morire? La spiegazione è la sua determinazione a rimanere in vita. La sua determinazione a restare viva l’ha sostenuta risolutamente e l’ha spinta a fare tutto quanto era in suo potere per dodici anni, fino a riuscire a liberarsi dalla sua afflizione. A motivarla è stato il fatto di credere che Dio non intendeva farla vivere per sempre come emorroissa? La sua speranza di trovare una cura è rimasta salda anche dopo aver speso tutto ciò che aveva per i medici, con il risultato di peggiorare.
Ma cosa sapeva di Gesù quella donna? Solo quello che si diceva in giro; ella sentì solo parlare di Gesù e subito ritenne che solo lui poteva salvarla e fece tutto quanto poteva, pur solo di toccarlo, non parlargli, avere un appuntamento, ma solo toccarlo, anche se fugacemente. Quella donna Ebbe “la certezza di cose che si sperano e dimostrazioni di realtà che non si vedono” (Ebr. 11:1). Ebbe fede!
Oggi si parla di parità di genere donna/uomo, Gesù era molto più avanti… egli nelle sue opere, rivolgeva lo sguardo verso i reietti, gli inermi chi soffriva, chi viveva ai margini della società perché ritenuti “inutili”, persone che quella società li costringeva a una vita di mortificazioni, destinati ad una fine ignobile, ecco Gesù, …. Gli ridà dignità, “nuova vita”, risanandoli non solo nello spirito, ma anche nel corpo, quella donna ritorna ad essere “donna”, madre, moglie … .
Questo passo del vangelo, mi porta anche ad un’altra riflessione: riportandomi ai salmi 9 e 10, la dove ci viene ricordato di lodare il Signore per le sue meraviglie ma di stare attenti agli iniqui al malvagio, perché egli ci deprime, ci allontana dal Signore, si insinua in noi con pensieri malvagi, fino a farci pensare che Dio non ha alcuna cura di noi.
Noi siamo umani e peccatori, se avessimo tanta fede quanto un granello di senape, sposteremmo la montagne. Ecco che quella donna ci insegna tante cose, lei nel momento della massima sofferenza, sofferenza che conosceva bene perché quel male la attanagliava da 12 anni, avendo volontà, certezza ma soprattutto fede, vole toccargli le vesti, allungò quella mano … quasi come una implorazione silenziosa, ma decisa, penso che lei abbia detto in cuor suo: SONO QUI SIGNORE … SALVAMI!
Nel momento del bisogno, delle sofferenze, quando in noi non c’è la fede, cerchiamo sempre cose e posti sbagliati, ci mettiamo alla mercé del maligno. E’ inutile prostrarci davanti a statue mute, batterci il petto fino a ferirci ponendo le speranze in cose futili e che sicuramente non salvano, ci illudono, ci offuscano i pensieri, ma non guariscono, non salvano. Vana è la nostra speranza, se non riponiamo la nostra fede in Cristo risorto. Ecco un semplice gesto fatto con fede, ha ripagato quella donna di dodici anni di sofferenza.
Gesù ci ha insegnato che lui e la via, la verità e la vita.
Non chi dice Signore … Signore sarà salvato ma chi fa la volontà del Signore!
Quanta gente lo stava osannando in quell’istante TANTA!
Quanti lo toccavano SENZA LA FEDE! Forse tutti, eppure Gesù dice: CHI MI HA TOCCATO?
Fratelli, Dio opera sempre nella nostra vita e le sue opere noi le vediamo con gli occhi della fede, quella fede che ci deve spingere a TOCCARLO, a dirgli SIGNORE SONO QUI SALVAMI ed Egli ci accoglie e sapendo bene che il nostro pentimento e sincero come sincera deve essere la nostra fede ed allora lui è sempre li e ci dirà: : «Coraggio, figliola; la tua fede ti ha guarita» ed aggiungo: LA TUA FEDE TI HA SALVATO, perché solo la fede muove mano di Dio.
AMEN
[1] Infatti se si mette il testo dei tre vangeli su tre colonne parallele, in uno sguardo d'insieme (sinossi) si notano facilmente molte somiglianze nella narrazione, nella disposizione degli episodi evangelici, a volte anche nei singoli brani, con frasi uguali o con leggere differenze.
NON SO COME SPIEGARTELO
Sei piccolo e vivi con due mamme o due papà, perché questa società ha deciso di accettare le unioni GAY, non so se sei stato partorito o sei stato adottato, ma la cosa non cambia in questo momento, perché sei ancora piccolo.
Ora vai a scuola, frequenti le elementari, e hai sentito parlare della FESTA DEL PAPA’ e ti chiedi “ COSA E’? UN PAPA’”, si perché tu hai due mamme.
Hai sentito parlare della FESTA DELLA MAMMA e ti chiedi “ COSA E’? UNA MAMMA”, si perché tu hai due papa’.
Qualcuno per solidarietà ( parola che forse ancora non comprendi) ha deciso di non festeggiarla a scuola e non fare i lavoretti da portare a casa, ma tu ancora non capisci, perché sei piccolo e vorresti condividere con gli altri certi momenti che poi resteranno nella tua memoria.
Crescerai e forse vorresti capire i ruoli che un papà e una mamma hanno in una “ famiglia”, ma tu non hai un papà o una mamma, perché la tua famiglia è una coppia gay, ti chiederai “ come fanno le mie mamme a concepire un figlio?” oppure “ come fanno i miei papà a partorire?”, ….non so risponderti .
Crescerai e incomincerai a scoprire la tua sessualità…e ti chiedi “ quale sarà l’esempio da seguire “ a chi chiedere i consigli, su quale spalla piangere per una delusione amorosa oppure con chi andrò a pescare…?
Tutto dipende da chi sono i tuoi genitori, ma non so spiegartelo.
Allora ti chiederai: TUTTO QUELLO CHE MI E’ ACCADUTO E’ GIUSTO?
Perché NON HO UNA MAMMA FEMMINA O UN PAPA’ MASCHIO e ti sentirai smarrito e ancora mi chiederai….
Ma io non so risponderti….
E insieme cercheremo una risposta che forse non sarà quella giusta……
…e DIO li creo’ UOMO e DONNA
A ME GLI OCCHI
di Giuseppe Riccardi
No, non è un articolo sulla magia, ma su un qualcosa di molto più pericoloso. Apparentemente sembra una innocua espressione algebrica, un piccolo calcolo matematico, ma diventa un pericoloso mezzo quando usato impropriamente. Stiamo parlando dell'algoritmo di cui un piccolo esempio lo vediamo sulla foto a lato.
Ma cos’è in effetti l’algoritmo? Lo possiamo considerare come un qualsiasi schema o procedimento sistematico di calcolo.
Un algoritmo non è altro che una semplice procedura che tenta di risolvere un determinato problema applicando un certo numero di passi elementari. Analogamente, in informatica, un algoritmo non è altro che un semplice procedimento che permette la risoluzione di specifici problemi mediante l’applicazione di una sequenza finita di precise istruzioni che, a loro volta, devono essere interpretate ed eseguite fino alla loro conclusione seguendo un ben preciso ordine[1].
Premesso questo, ora la domanda è un’altra, quanti di noi hanno un device collegato alla rete, ad internet per intenderci ( cellulare, tablet, P.C…)? Ebbene, siamo tutti potenziali vittime di un’algoritmo!
Ne ho già parlato, se pur con qualche accenno, in altri articoli, questo piccolo calcolo matematico, riesce a sapere tutto di noi, ci analizza, ci studia e poi ci archivia in una sua memoria, ricordandosi di noi ogni volta che ci colleghiamo “alla rete”.
Questa funzione matematica, viene elaborata da tutti coloro che creano programmi, secondo l’uso che se ne vuole fare, come ad esempio: spazzi web, offerta di servizi. Esso si attiva dal momento che accendiamo il cellulare, il PC e oggi anche semplicemente accendendo la TV visto che molte sono del tipo SMART ( con sistema Android integrato). Dal momento che comperiamo un device, e lo accendiamo, noi forniamo nostri dati alla rete, come ad esempio la E-Mail, creando un account ecc… . Da questo momento gli algoritmi si attivano e sono li in attesa di qualunque nostra digitazione sulla tastiera.
Oggi esistono algoritmi che analizzano il tipo, modello, marca di qualunque device, e con ciò riescono già a capire se siamo facoltosi o meno, ovvero se stiamo usando un cellulare economico, di media fascia o costoso, e già questo gli da una nostra impronta sociale.
Un piccolo esperimento fatto da alcuni ricercatori, fu proprio su questa analisi matematica che alcuni algoritmi fanno. Per l’esperimento hanno usato, cellulari economici, di media e alta fascia, PC economici e sofisticati, ed hanno cercato su siti specializzati alla e-commerce lo stesso prodotto. Il risultato? Il prezzo del prodotto, se pur per pochi euro, variava. Perché? Perché il sistema deve spronarci all’acquisto, il cellulare/PC più economico, dava un prezzo leggermente più basso di quelli più costosi, perché l’algoritmo, carpiva chi aveva maggiore disponibilità di soldi e quindi propenso all’acquisto, in quanto, secondo il suo calcolo, un device economico lo poteva avere chi aveva una fascia bassa di reddito, quindi il prodotto veniva proposto con prezzo più favorevole ( ripeto piccole differenze).
Da questa analisi, ci si accorge e capiamo certi perché.
Se per caso, tramite un motore di ricerca, proviamo a cercare ad esempio ago e filo, come di incanto, ogni volta che utilizziamo pagine web, cellulari ecc…, ci giungono offerte di oggetti e accessori utili per cucire, stoffe, lo stesso accade se ci mettiamo alla ricerca di un paio di calzini, da li a poco ci vediamo apparire offerte di calze di tutte le marche, e accessori legati agli oggetti che abbiamo cercato. Ecco, alla base di ciò ci sono gli algoritmi, che si stanno ricordando di te e di ciò che hai cercato o che tu “desideri”. Questi sistemi diventano delle vere e propri banche dati che raccolgono notizie su ognuno di noi, sulle nostre abitudini, sanno come ci chiamiamo, le nostre tendenze sessuali, quanti anni abbiamo, addirittura, da come scriviamo sulla tastiera, anche la nostra capacità ad usare i device.
Siamo così distratti, che stiamo dando ad un mondo a noi sconosciuto, ogni notizia su noi stessi. Questo fenomeno è diventato così dilagante, che anche qualche legislatore se ne è accorto, cercando di legiferare con norme ad acta per tutelare la nostra “privacy”.
Spesso e non di rado, gli algoritmi condizionano le nostre scelte e in alcuni casi, anche il nostro modo di essere.
Un altro caso studiato viene da un noto sito usato per visionare file video. Qui la cosa è ancora più sofisticata e subdola.
Accendiamo il PC e apriamo il nostro browser preferito, accediamo alla pagina del noto motore di ricerca video, e incominciamo a “curiosare” , e per la testa ci viene in mente di cercare notizie video su un fatto di cronaca, anche un po’ violento, e ne troviamo uno e incominciamo a vederlo, da quel momento, quel sistema incomincia a proporci video, più o meno veri ( ci sono anche vere e propri fakes ) che hanno lo stesso oggetto, e forse ancora più violenti, e noi, senza accorgercene, incominciamo a vederli tutti e senza rendercene conto, visioniamo anche cose che inizialmente per noi non avevano interesse, e poiché ci vengono dalla rete, spesso le accettiamo per buone.
Altro esempio visualizziamo un video semplicemente per vedere il mare in tempesta, ci troviamo inondati di video che ci parlano di maremoti, naufragi, disastri immani e addirittura video che parlano di complotti alieni …, eppure noi volevamo guardare “il mare d’inverno” .
L’errore più grande che stiamo commettendo, e non è da poco, è quello di dare ai nostri figli un surrogato della nostra presenza, del nostro affetto, gli diamo “il cellulare” “il tablet”… tanto quello sta buono, vede i video che più gli piaccio, sta tranquillo … e noi ci rilassiamo …, NO SBAGLIATO!
Noi stiamo abituando i nostri bambini a fidarsi di qualcosa che nasconde insidie e pericolo per la loro psiche e la loro crescita, essi lo accettano come qualcosa di buono perché glielo stiamo dando noi, noi genitori, coloro che vedono come persona di cui fidarsi, che provvedono al loro benessere, e credo che le future generazioni saranno vittime ancor più inconsapevoli, del “sistema algoritmo”, quel sistema che ti propone una scelta apparentemente giusta, che ti fa sentire felice se hai questo o quel capo di abbigliamento, se segui questa o quella moda.
Il “sistema algoritmo”, riesce anche a manipolare scelte politiche/sociali, deviando su questo o su quel candidato la nostra scelta di voto ( leggasi le cronache sulle ultime elezioni in Amarica). In passato si parlava di “un grande fratello” universale, un qualcosa che osservava in modo indiscreto ogni uomo, e allora si parlava dei media, delle varie TV che ci proponevano certi argomenti, ci dicevano verità secondo il loro punto di vista (a volte anche manipolate), ebbene, siamo andati oltre oggi il grande fratello si chiama algoritmo, e ci hanno abituato così tanto, che molti non ne riescono a farne meno.
Dov’è finito il vecchio e caro telefono che serviva solo per telefonare, i cittadino medio che per farsi un’idea, leggeva più di una testata giornalistica, oggi vogliamo essere tutti iper collegati, le piazze, quelle fisiche, si sono svuotate, il caldo contatto umano si sta affievolendo, ironicamente, molti amori, molte amicizie, nascono e finiscono con un messaggio mandato tramite questo quel “social”, si sta perdendo il sano vizio del confronto fisico, quello fatto guardandosi negli occhi, quello di un cordiale saluto fatto con una stretta di mano con un caldo abbraccio, c’è chi, in casi estremi, non esce più di casa restando collegati intere giornate al sistema, ci stiamo “algoritmizzando” , affidandoci ad un mero calcolo matematico.
Il mondo virtuale, ci attira e ci condiziona, ma è un insieme di insidie pericolosissime, sia per gli adulti che per gli adolescenti.
Gli adolescenti! Nota dolente. Come ho accennato all’inizio dell’articolo, spesso affidiamo i nostri figli al Web, si perché qui trovano il cartone che gli piace, la canzoncina che lo rasserena, … e tu stai tranquillo/a per qualche minuto. Ebbene, non stiamo abituando i nostri figli al WEB! Non sono un drammatico, ma un pragmatico. Basta aprire qualche giornale, per trovare notizie come queste:
“Schiavi di Internet, famiglia si è rinchiusa in casa dal 2017: la scoperta grazie alla figlia di 9 anni Padre. madre e figlio autoreclusi in casa, attratti dai computer come calamite. I tre non badavano neanche più alla propria igiene e mangiavano soltanto merendine, biscotti e caramelle: è così che vivevano i componenti di una famiglia di Bari, intrappolati nella dipendenza patologica da internet che li ha portati a non uscire per due anni e mezzo dal loro appartamento, la cui unica finestra sul mondo era diventata il web. La sola a varcare la soglia di quell'abitazione era la figlia di 9 anni che, a differenza di suo fratello 15enne che aveva abbandonato gli studi, continuava ad andare a scuola. Nel tragitto la piccola si fermava a comprare qualcosa da mangiare ma portava a casa solo merendine e caramelle. Cibo che sembrava bastare anche ai suoi genitori: al papà, di 40anni, che grazie a una piccola pensione non aveva bisogno di andare a lavorare; e a sua madre, di 43 anni, anche lei vittima della rete.” A far scoprire il caso della famiglia che viveva ormai in un mondo virtuale, sono state le condizioni in cui si presentava a scuola la bambina: la trascuratezza e la scarsa igiene hanno insospettito gli insegnanti che hanno allertato i servizi sociali che ora hanno affidato il nucleo famigliare alle cure degli specialisti. Il 15enne è stato trovato con le piaghe ai piedi, oramai ricoperte di infezioni. Nonostante negli ultimi due anni e mezzo il suo piede fosse cresciuto, continuava a usare le stesse scarpe di due numeri più piccole.”
Oppure, notizia ancor più drammatica:
“Blue Whale, ragazza di 13 anni si uccide con il fucile del padre …. Una ragazza di 13 anni si è uccisa con il fucile del padre dopo aver partecipato al gioco letale online Blue Whale. Emine Karadag è stata trovata morta nel suo letto nella sua casa ad Adana, nel sud della Turchia, dopo aver messo un singolo proiettile nell'arma del padre e aver premuto il grilletto, hanno detto i familiari. L'adolescente ha lasciato disegni di balene e una lista di 25 cose da fare "prima di morire" insieme alle istruzioni del "gioco" dei social media che incoraggia le persone a uccidersi. Ha anche lasciato alla sua famiglia una lettera in cui ha scritto «il suicidio è una via di fuga». Il Blue Whale è un gioco dell'orrore che ha già ucciso centinaia di adolescenti (157 solamente in Russia). Il Blue whale, che letteralmente significa balena blu, dura 50 giorni e ha regole ben precise e consiste nel dover svolgere 50 compiti in altrettanti giorni mirati a creare situazioni psicologicamente traumatizzanti, e terminando con il suicidio. I partecipanti si uniscono in un "gruppo" in cui le attività sono impostate da un "amministratore" di gruppo e le "imprese" spaziano dal guardare film horror a risvegliarsi nel cuore della notte per passeggiare su un cornicione. Si arriva anche ad azioni di autolesionismo e si conclude con il suicidio. Il 50° giorno, gli amministratori del gioco, forniscono indicazioni precise ai ragazzi su come suicidarsi. ( da IL MATTINO di Napoli)”
Tra l’uomo e il WEB nasce una vera e propria dipendenza … il web mostra al mondo la sua parte malefica, e ancora una volta l’uomo trasforma una tecnologia “benefica”, in qualcosa di negativo … nel groviglio degli 0/1 … nelle interconnessioni “algoritmiche”, tra le pieghe di ammalianti inviti … si cela il maligno … il tentatore che usa il nostro libero arbitrio per indurci in errore … convincendoci di aver fatto la scelta giusta … che il mondo “web che ci siamo creati”, sia l’unica via d’uscita da certi nostri problemi, che nel web possiamo trovare la felicità che “altri non sanno darci”, facendoci dimenticare che al nostro fianco cammina un “amico che non ci abbandona” che ci guida nei nostri giorni e ci consiglia nelle nostre scelte, … chiudendoci in questo mondo virtuale, ci allontaniamo dalla luce di Dio, dalla parola di Cristo, dalla società viva e vivente, che rimane fuori ….!
Credo che su tutto ciò ci dovremmo fermare a riflettere sull’uso indiscriminato e spesso, inappropriato, che facciamo di queste tecnologie.
Se da un lato, alcune di esse hanno migliorato la qualità della vita, molte altre l’hanno condizionate al loro volere.
[1] Da www.informaticapertutti.com